La Chiesa vede nero su crescita e lavoro

L’allarme, questa volta, l’ha suonato la Chiesa. La crisi in Italia è destinata a prolungarsi fino alle soglie del 2020.
A tratteggiare il futuro nero per il nostro Paese è stato il rapporto della Conferenza episcopale italiana (200 pagine di dati e valutazioni), secondo cui «le proiezioni di tutti i principali indicatori in materia di occupazione e crescita, vedono l’Italia – soprattutto il Mezzogiorno – in una posizione di ritardo e grave difficoltà rispetto al resto d’Europa».

SOLO 22 MLN DI LAVORATORI. In controtendenza rispetto alle altre stime, per la Chiesa l’incubo italiano è ancora lungo. Altro che ripresa nel 2014, la voragine in cui si è infilato il nostro Paese a seguito della crisi del 2011, è molto più nera di quello che si credeva. E questo significa, secondo il rapporto della Cei, un allarme anche sociale – e non solo economico – per il Paese.
«Le persone con un lavoro sono in effetti solo 22 milioni», si legge nel rapporto della Chiesa redatto con la collaborazione di studiosi e ricercatori di discipline economiche e sociali anticipato dal quotidiano Il Corriere della Sera, «a fronte di una popolazione di poco superiore ai 60 milioni».

IL BOOM DI DISOCCUPATI. Ma non solo. Secondo la Chiesa, la «qualità» dell’occupazione dal 2007 è peggiorata e 580 mila persone hanno rimpolpato la cosiddetta «forza lavoro allargata» (al cui interno ci sono gli «scoraggiati»), mentre sono diminuiti di 770 mila unità quelli che fanno parte della «occupazione ristretta».
In pratica, il rapporto della Cei evidenzia come il dato sui disoccupati sia in realtà da rivedere, tanto che quelli «reali»sono 1,3 milioni. Ovvero il doppio rispetto alle stime ufficiali.
Per la Chiesa, però, il dato non è «una misura alternativa» rispetto a quello ufficiale, «ma è un’indicazione utile per quantificare il numero di lavoratori il cui status si avvicina a quello dei disoccupati dopo quattro anni di recessione del mercato del lavoro».

L’ANALISI DELLA RECESSIONE. Da quanto emerge nel rapporto, la definizione di «disoccupati allargati» permette così di valutare meglio l’impatto sociale della crisi, perché non dipende soltanto dalla capacità monetaria e reddituale del disoccupato. E la sua compensazione, per la Chiesa, «non può essere solo una politica di compensazione monetaria», considerata «uno strumento temporaneo, ma non sufficiente». Il reddito, infatti, «non conferisce senso e significato all’esistenza umana che si realizza nel lavoro».

FUTURO NERO PER LE DONNE. Nel «disastro occupazionale» tratteggiato dalla Cei, si evidenziano anche le categorie più colpite. Tra queste le donne laureate tra i 25 e i 39 anni: se in Europa il tasso di impiego è passato dall’87,6% all’87,9%, in Italia è in caduta libera, dall’81,3% al 78,7% (a pesare sono i dati del Sud del Paese).
Poi ci sono i numeri sulla disoccupazione dei giovani: l’Italia è al terzo posto nella classifica negativa, dietro solo a Spagna (46,4%) e Grecia (44,4%).
Infine, la Chiesa ha sottolienato come il nostro Paese non importi manodopera qualificata, ma esporti cervelli. E la fuga di talenti non è certo compensata dall’arrivo dei cervelli stranieri.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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