I partiti italiani: verso la responsabilità?

In uno dei passaggi più difficili della recente storia della repubblica, il sostegno dei tre partiti Pdl-Pd-Udc al governo tecnico va bene, anzi è indispensabile; ma non è in alcun modo sufficiente per autorizzare l’ottimismo sul prossimo futuro.

Il sostegno va bene, certo: in primo luogo perché qualsiasi alternativa sarebbe distruttiva. Le forze politiche devono assolutamente votare un documento comune sull’Europa alla vigilia del vertice europeo di fine giugno, così da trasmettere anche all’estero un’immagine di coesione. La politica europea dell’Italia è una sola e il presidente del Consiglio la sta interpretando con il pieno appoggio (a parte tutto) del Parlamento. Messaggio ovvio che in queste ore drammatiche è necessario ripetere, a voce alta.

Purtroppo l’esperienza insegna che queste prese di posizione alla vigilia di grandi eventi raramente rappresentano un grande cambiamento politico. O magari, in questo caso, alla nascita di un’autentica maggioranza trasversale. Una maggioranza che non abbia paura a definirsi tale e a proiettarsi in avanti con un serio programma riformatore. Siamo lontani da un tale esito che forse sarebbe utile anche per guardare con maggiore fiducia alla prossima legislatura.

In altre parole, l’europeismo non sembra essere sufficiente da solo per la nascita di una maggioranza. Non lo è stato in passato e a quanto pare non lo è oggi, mentre Monti si prepara al negoziato più difficile con le cancellerie dell’Unione. Cosa accadrà nelle prossime settimane? Il presidente del Consiglio ripete che la priorità è la “crescita”. O meglio, creare la convinzione sul piano internazionale che l’Italia si sta scrollando di dosso le sue bardature e ha imboccato la via delle riforme economiche. Anche di quelle politiche e amministrative, viste come tasselli essenziali del processo di modernizzazione.

Monti dovrà impegnarsi quanto mai fatto sino ad ora per abbattere il muro delle resistenze e delle corporazioni. È proprio quello che chiedono i mercati finanziari per frenare l’attacco speculativo a un paese troppo spesso inerte, un obiettivo sufficiente a dargli lavoro per mesi, fino alla scadenza della legislatura in gennaio-febbraio 2013.

E i partiti? Sono sollecitati quasi ogni giorno da Napolitano e ora anche da Monti a farsi interpreti del rinnovamento del sistema. Ma il traguardo dell’autoriforma è ancora avvolto nella nebbia di una campagna elettorale strisciante che è già in corso. Sarebbe confortante se la percezione che l’Italia è sull’orlo dell’abisso spingesse le segreterie a una sorta di imprevedibile rivoluzione culturale. Partiti tradizionali che cessano di essere fattore di freno e di conservazione e mettono in gioco se stessi e i loro gruppi dirigenti. Certo, non sarà un vertice o una seduta parlamentare a provocare il miracolo, quanto la presa d’atto che il movimento di Grillo sta sfiorando il 20% nei sondaggi. Può darsi che invertire la tendenza sia ancora possibile, ma il tempo è davvero poco. Tre mesi, come per l’euro.

I partiti, ieri, si sono accordati per una mozione unitaria in sostegno del governo e hanno permesso che la Camera approvasse con il voto di fiducia una parte importante della legge sulla corruzione. Ma sono pronti a ereditare una situazione verosimilmente molto peggiore di quella che affligge oggi il Paese?

Il vincitore delle elezioni dovrà affrontare gli stessi dilemmi che sono stati il quotidiano menu di Monti. È possibile diminuire le tasse e aumentare la spesa sociale senza attendere che i tagli alla spesa pubblica comincino a produrre i loro effetti sul bilancio statale? È possibile colpire più duramente i grandi patrimoni senza favorire la loro uscita dal Paese (fenomeno già iniziato) e privare l’Italia degli investimenti di cui ha bisogno? È possibile creare con la Francia e altri Paesi un “fronte della crescita” senza tenere conto delle riserve, non sempre irragionevoli, della Germania?

Monti ha fatto qualche mossa sbagliata, ma ha affrontato problemi difficili e non poteva certo correggere in sette mesi tutte le cattive scelte politiche ed economiche dei decenni precedenti. Nessuno, a Palazzo Chigi, potrà quindi evitare le questioni che Monti lascerebbe insolute. Se ne saranno consapevoli, i partiti dovranno capire che hanno un obbligo e un interesse a sostenere il governo Monti, lasciandogli fare sino alla fine della legislatura ciò che essi, probabilmente, non sarebbero in grado di fare ora.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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