Attentato al Presidente?!

Ora si vuole attaccare anche l’unica istituzione che ha resistito alla “bomba di Hiroshima” lanciata contro i partiti e la politica della Seconda Repubblica. Urge una riforma della giustizia e sulle intercettazioni.

Non dobbiamo dimenticare, a mio avviso, cosa sarebbe potuto succedere se Napolitano fosse andato in tilt tempo fa.

Ne sono accadute di cose dopo il suo ingresso al Quirinale! La fine del secondo governo di centrosinistra affidato a Romano Prodi. Le elezioni del 2008 e il rientro di Berlusconi. Lo sfaldamento del centrodestra nel novembre 2011. E la nascita del governo tecnico di Mario Monti. Tutti passaggi che potevano essere traumatici in un paese che, di colpo, veniva messo a terra dalla grande crisi economica mondiale.

È più che evidente che l’oscuro affare delle intercettazioni ha un solo obiettivo: indebolire in il presidente della Repubblica, magari condizionandolo rispetto ai due passaggi chiave che ancora mancano alla conclusione del suo mandato, nel maggio 2013: lo scioglimento delle Camere e le procedure per dar vita al primo governo della prossima legislatura. Quello che sta accadendo era ampiamente previsto e rappresenta la vera ripresa dell’attività politica (chiamiamola così…) dopo l’estate.

Insomma, siamo davvero un Paese alla frutta o, addirittura, al digestivo. La politica ormai viene fatta dai media, dai giornali e dai giornalisti. Si accusano a vicenda. E dimenticano la loro ragion d’essere: informare il pubblico che li tiene in vita. Tutto scade in rissa ed insulti. Le notizie non esistono più.

Sono bastate la copertina e le pagine di qualche giornale per scatenare un casino politico senza precedenti. Insieme a una bufera incomprensibile sul Quirinale. E qualcuno cerca, come al solito, farsi campagna elettorale per non rischiare di essere dimenticati. Parlo di due politici in difficoltà, come ad esempio Di Pietro e Maroni, che hanno intimato a Napolitano a rendere pubbliche le intercettazioni. Il motivo è sempre il solito. Siamo in crisi e la politica sta impazzendo. Trionfa ogni giorno di più quella che chiamiamo l’antipolitica. Ossia i gruppi, i movimenti e i poteri che sperano di avere la meglio sulle rovine dei partiti. Senza rendersi conto che vincere in un paese ridotto in macerie sarà soltanto un suicidio.

Appena si concluderanno le elezioni, sarà necessario che il capo dello Stato sia in grado di esercitare il suo ruolo nella scelta del nuovo presidente del Consiglio, definendo al tempo stesso la cornice politica della maggioranza. È, come si può ben capire, un passaggio molto delicato in cui entrano in gioco gli equilibri nazionali, i rapporti di forza nel nuovo Parlamento, con i partiti rilegittimati dal voto, ma anche gli equilibri internazionali: il rapporto con l’Europa, l’esigenza di non rendere invano il lavoro svolto da Monti in questi mesi, e i sacrifici degli italiani. Quanto più il capo dello Stato viene indebolito, quanto più ne viene messa in discussione l’imparzialità e il senso dello Stato.

Stiamo parlando di un presidente destinato a restare in carica ancora otto mesi e che si trova a dover gestire, proprio in questa coda del settennato, uno snodo cruciale in uno dei momenti più drammatici della storia recente.

Può darsi che il peggio debba ancora venire. Ecco perché Napolitano fa bene a ribellarsi e a chiarire che non esiste modo di ricattare o d’intimidire il capo dello Stato. È l’unico argomento che si può mettere in campo contro chi vuole giocare alla destabilizzazione e al caos.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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