Contro gli sprechi della politica ci sono vari strumenti che si possono utilizzare: il decreto legge, il disegno di legge, persino la legge costituzionale visto che si dovranno toccare ambiti di spesa su cui le regioni esercitano la loro potestà.
C’è un legame fra le nuove norme anti-corruzione (richieste con insistenza dall’Europa) e l’esigenza di rifondare un sistema politico-amministrativo che si è rivelato indecente. Il governo Monti dovrebbe andare fino in fondo contro la corruzione, sfruttando l’assist dello scandalo del Lazio per completare o almeno dare inizio ad un’opera di risanamento morale.
Non è un caso se la Conferenza delle regioni, dopo lo scandalo, si è affrettata a presentare una sua proposta di tagli e risparmi, apprezzata dal presidente della Repubblica. E’ stato colto il pericolo mortale costituito dal caso Fiorito e dintorni: perché ormai è in gioco la stessa autonomia regionale e i presidenti preferiscono giocare d’anticipo anziché dover piegare la testa di fronte all’attacco del governo centrale.
Si dirà che tutto questo dinamismo è tipico delle giornate difficili, ma poi, quando le acque si saranno calmate, le riforme annunciate torneranno nel cassetto. Magari accadrà anche stavolta, eppure c’è una significativa differenza rispetto a casi precedenti. Oggi l’iniziativa è nelle mani di Napolitano e Monti. Ed è un’azione congiunta imposta dalle circostanze, dal momento che il danno al profilo dell’Italia in Europa indotto dai recenti scandali è incalcolabile.
Allo stato delle cose, le due istituzioni (Quirinale e Palazzo Chigi) svolgono di fatto un’azione di supplenza della politica.
Agiscono cioè nel vuoto di iniziativa che caratterizza gran parte delle forze politiche, che si sono fatte travolgere dagli scandali annunciati senza mai riuscire a sottrarsi alle macerie.
Non si può pensare che questo costume cambi da un giorno all’altro. Ma almeno che si inizi a farlo.