Un’Europa più unita per crescere

Cosa ci aspettiamo dal Consiglio Europeo del 29 giugno e quali sono i consigli che ci sentiamo di dare al Capo del Governo in vista di tale appuntamento?

Alla inquietudine dei mercati occorre dare una risposta politica forte. I mercati vogliono sapere cosa c’è dietro quel foglietto di carta colorata che si chiama euro e vogliono sapere anche se fra cinque anni l’euro ci sará ancora.

Una volta dietro la carta moneta c’era una riserva aurea, adesso c’è il potere dello Stato. L’euro, si dice spesso, è una moneta anomala, una moneta senza Stato. È tempo adesso di porre fine a questa anomalia. Ci dicano i capi di Stato e di governo che hanno intenzione di fare gli Stati Uniti d’Europa ed invitino i loro ministri degli esteri a procedere subito con la elaborazione di un trattato federale. Dentro questo chiaro orizzonte politico c’è la risposta a molti problemi che appaiono altrimenti insolubili. Gli Stati Uniti d’Europa devono avere un loro autonomo potere di imposizione fiscale ed anche il potere di porre un limite all’indebitamento degli Stati membri. Con gli Stati Uniti d’Europa diventa possibile fare i famosi stability bonds, che altro non sono se non titoli di debito pubblico europeo. L’Europa raccoglie i denari sui mercati a basso tasso di interesse (perchè dell’Europa i mercati si fidano) e li ripresta agli Stati in difficoltà ai quali il mercato non fa più credito. Una operazione così si può fare solo se gli Stati Uniti d’Europa hanno il potere di impedire allo Stato in difficoltà di fare nuovi debiti ed hanno un proprio potere impositivo per pagare il debito che contraggono.

Dentro l’ottica politica degli Stati Uniti d’Europa è possibile affrontare anche il tema della unione bancaria. Spesso (non sempre e non in Italia) i problemi del debito pubblico degli Stati non derivano da spese eccessive degli Stati ma da errori delle banche. Gli Stati intervengono per salvare le banche dal fallimento e si accollano i debiti delle banche. Noi abbiamo bisogno di una efficace autorità di vigilanza bancaria europea unificata. Molte operazioni rovinose sono nate negli interstizi fra un sistema di vigilanza bancaria nazionale e l’altro. Abbiamo bisogno di un sistema di vigilanza unificato. Abbiamo bisogno anche di un sistema europeo di mutua assicurazione e di mutuo sostegno fra le banche capace di intervenire in caso di fallimento di una o di alcune banche e capace comunque di assicurare i depositi dei clienti. Abbiamo bisogno anche di un insieme di regole che tagli le unghie alla speculazione e riconduca la banca alla sua funzione originaria che è quella di finanziare lo sviluppo, la creazione di lavoro, le imprese e le famiglie. La limitazione degli scambi over the counter, la limitazione o il divieto delle vendite allo scoperto, la proibizione della accensione di derivati per rischio altrui, una tassa sulle transazioni bancarie o almeno il divieto per le banche di arrischiare in operazioni speculative il proprio capitale o quello dei clienti sono tutte misure che possono restituire alla finanza la sua vocazione primigenia. Questo insieme di misure può risanare il sistema bancario, creare un vero sistema bancario europeo, sgravare gli Stati da quella garanzia che oggi esplicitamente o implicitamente devono dare al loro sistema bancario.

Sempre nella prospettiva degli Stati Uniti d’Europa è anche possibile sperimentare gli eurobonds in una forma ridotta. I tedeschi dicono che lo spread fra i loro titoli e quelli degli altri Paesi ha per gli altri Paesi la funzione di uno sprone a fare le riforme necessarie. Hanno ragione, senza uno sprone le riforme non si fanno. Se, per esempio, la BCE o un fondo europeo (efsf o esm) comprano titoli di Stato a dieci anni di un Paese indebitato è possibile che per alcuni anni il fervore riformatore di quello Stato si raffreddi. Se però si comprassero obbligazioni a breve termine, per esempio a tre mesi, quel Paese sarebbe stimolato a proseguire sul percorso riformatore dal timore di non vedersi rinnovato il credito in caso di inadempimento degli obblighi assunti. Lo sprone ci sarebbe sempre e si eviterebbe che uno sprone troppo lungo o troppo affilato ammazzi il cavallo.

Il problema principale dell’Europa, però, non è il debito ma la produttività. Se la produttività non cresce i posti di lavoro non si creano. Oggi tanto denaro giace inoperoso nelle banche. L’Europa (la BEI o, se fosse dotata di risorse proprie la Commissione) potrebbe prelevarlo emettendo development bonds, titoli per lo sviluppo, e finanziare un grande programma di infrastrutture materiali ed immateriali per migliorare la competitività dell’Europa nel mondo. Si potrebbe anche stabilire che le risorse dei singoli Stati investite nei medesimi progetti infrastrutturali sono esentate (a certe condizioni ed entro certi limiti) dal patto di stabilità ed ai medesimi progetti potrebbe essere chiamato a partecipare anche capitale privato. La spesa solleverebbe immediatamente la domanda interna ed il debito si pagherebbe con la accresciuta produttività del sistema che sarebbe la conseguenza degli investimenti.

Dobbiamo scuoterci di dosso il pessimismo a riprendere a costruire il nostro futuro. Possiamo farlo solo insieme.  Questo è uno di quei momenti nella storia in cui l’unico modo di essere prudenti è avere coraggio.  Per questo non dobbiamo avere paura di alzare la bandiera degli Stati Uniti d’Europa.

Rocco Buttiglione, 22 giugno 2012

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Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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