Una cazzata…che non ci voleva

E’ difficile e a volte persino imbarazzante affrontare – da parte di chi fa politica, anche se a livello territoriale come il sottoscritto – determinati temi. Ma proprio perché credo che il modo di far politica debba essere cambiato, ripartendo da persone nuove e motivate, che voglio fare alcune riflessioni in merito ai fatti che hanno coinvolto la politica italiana nelle ultimissime ore.

A cosa serve un’altra authority? A cosa serve l’organismo indipendente che Camera e Senato dovranno costituire per sorvegliare le pubbliche finanze, previsto dalla legge costituzionale con cui è stato introdotto il pareggio di bilancio? Non bastavano la Corte dei Conti, cui la nostra Carta fondamentale assegna quel compito, e la Ragioneria generale? Senza considerare, poi, che ciascuno dei due rami del Parlamento ha già una propria struttura dedicata all’esame dei bilanci.

Tante domande e una sola certezza: le modalità con cui saranno individuati i membri di questa ennesima authority. Dopo aver visto che cosa è successo con il Garante delle comunicazioni non dobbiamo più illuderci.

Ieri con l’elezione dei nuovi membri dell’Agcom e del Garante per la privacy i Partiti hanno perso un’occasione perfetta per dimostrare agli italiani di aver capito.

Sarebbe in teoria stato facile per loro; avrebbero avuto modo di riscattarsi un po’. Occorreva dare un segnale forte in merito all’insofferenza che molti cittadini provano verso Partiti, come quelli italiani, che lottizzano tutto il lottizzabile. Sarebbe bastato che avessero rinunciato alla solita spartizione concordata tra i capi di partito per dare invece piena autonomia al Parlamento e, perchè no, al Governo. Muovendosi con qualche mese di anticipo avrebbero potuto istituire una procedura che prevedesse tempi certi per la raccolta di candidature. Sarebbe stato un successo per la democrazia nonché un’importante iniezione di legittimità per i Partiti.

E invece hanno compiuto ancora una grossa cazzata.

Senza fare niente di quanto scritto sopra, purtroppo. O meglio, a qualche timida apertura prodotta dalla pressione della società civile è seguito il solito copione, ovvero la ratifica parlamentare di spartizioni decise dai capi dei principali Partiti.

La principale ragion d’essere delle Authority sta nel loro essere super partes, al servizio del Paese e della società civile. Il metodo seguito va in direzione opposta.
Alla prima ghiotta occasione, le nomine delle Autorità delle Comunicazione e della Privacy, si sono lanciati come un’orda famelica sulla torta.

Oggi potremmo celebrare nuovi consigli Agcom e Garante privacy scelti in maniera trasparente e composti da persone in pieno possesso dei requisiti previsti dalla legge, ovvero competenze specifiche e indipendenza. E invece no. Nessuna presa in considerazione dei curriculum da parte delle commissioni competenti e pubbliche audizioni per saggiare il valore e l’indipendenza – anche dalla politica, non solo dagli interessi economici – dei candidati.

Quei 90 curriculum arrivati in Parlamento per la selezione delle candidature nessuno di chi ha avuto voce in capitolo li ha mai aperti. Tutto era stato già deciso nelle trattative interne e con gli altri leader di partito: sfogliando non le note caratteristiche dei candidati, ma il caro vecchio manuale Cencelli in base al quale nella prima Repubblica i Partiti si dividevano le nomine nelle aziende pubbliche.

Quindi, la sceneggiata penosa dei curriculum – quella almeno – ce la potevano risparmiare.

Per la prima volta sono d’accordo anche persino con Di Pietro secondo cui i curricula sono stati usati come carta da cesso. Ed io aggiungo: almeno quella si srotola; i curriculum nemmeno saranno stati aperti.

Nell’impeto suicida, dopo aver eletto Augusta Iannini – capo dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia e MOGLIE DI BRUNO VESPA – quale membro componente dell’Authority sulla Privacy, il Senato nel pomeriggio ha concluso la gloriosa giornata votando in massa contro l’arresto del pluri indagato Sergio Di Gregorio, accusato dai magistrati di truffa ai danni dello Stato per i fondi pubblici all’Avanti! di Valter Lavitola. In teoria soltanto il Pdl era contrario alla richiesta dei magistrati, ma nel segreto dell’urna il ceto politico ha dato prova di straordinaria coesione intorno al nobile principio dell’impunità. Lega, Pd, Idv e Udc a favore dell’arresto sono battuti in aula dal Pdl e dai voti in libera uscita: 169 no, 109 sì e 16 astenuti.

Si conferma, nei Partiti, una cultura strumentale della comunicazione, da utilizzare per il consenso (in teoria, almeno) e non da far sviluppare e crescere in totale autonomia e indipendenza. Si può sperare che almeno per la Rai non si ripeta il penoso copione dell’Agcom? Difficile: bisogna che la Vigilanza chiami in audizione i candidati e che non ci sia già un accordo tra i vertici dei Partiti. Ad una Rai da rifondare, in vista del 2016, anno in cui scade la concessione con lo Stato, non basta un presidente di grande levatura. Occorre ridare prestigio e credibilità all’informazione e alla programmazione del servizio pubblico. Può farlo solo un vertice libero da partigianerie Partitiche.

E dice bene Curzio Maltese quando si interroga sui Partiti chiedendosi “Ma ci sono o ci fanno? È in atto un complotto alla rovescia dei Partiti per consegnare il 51 per cento al movimento di Beppe Grillo? Sono molti gli interrogativi, anche di natura psichiatrica, che circondano il misterioso comportamento. Sembra quasi una sfida agli elettori, a metà fra il folle e il volgare. Un po’ come il tizio che imbocca un senso unico contromano e fa pure le corna”.

In conclusione è giusto ritenere che la pressione della società civile e di alcuni media abbia prodotto un livello medio delle nomine superiore a quello che altrimenti si sarebbe avuto. Ma sul metodo i Partiti hanno perso un’occasione molto importante per dimostrare di essere in sintonia con gli italiani.  Solo tagliando i fili che li legano ai loro burattinai e disattendendo le indicazioni di voto dei Partiti, Deputati e Senatori potranno sottrarsi all’ennesima onta che, altrimenti – ed a ragione – li travolgerà: aver lasciato che gli interessi di partito prevalessero su quello del Paese.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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