Un Paese da rimotivare ma la politica è assente

Se in un Paese accertiamo che, tra Stato, mercato e società, uno zoppica in modo vistoso – puoi giurarci – anche gli altri due tenderanno a farlo. Semplice e chiaro, ma come tutto ciò che è semplice, ci supera e diventa complicato da risolvere.

Complicatissimo se lo scenario, di un sistema-paese zoppicante (una modernizzazione dimezzata) diviene un’implacabile crisi economica e uno stallo politico, borderline di una crisi istituzionale. Zavorrate da banche e da uno Stato esausti per via della crisi finanziaria senza precedenti, economia e società rischiano di cadere in ginocchio, tra piccole imprese che chiudono e disoccupazione record.
Da par suo, la politica, incartata nel tripolarismo inatteso, scherza con il fuoco: prende tempo e si avvia all’elezione del Presidente che, forse, ci porterà un nuovo governo. Mentre ogni parte politica – anche Grillo in piccionaia – è intenta a tirare l’acqua al proprio mulino, il galleggiamento del paese conosce ogni giorno nuove falle nei sottosistemi lasciati senza un vero governo, in balìa di conseguenze che spesso passano inosservate. Una giustizia già lenta e claudicante, con la crisi, si vede raddoppiare il lavoro in base alla crescita attesa nel 2013 per alcuni titoli processuali.
Quasi tutte le voci indicano un aumento del contenzioso, anche quelli delle famiglie, a dispetto di un prevedibile decremento, con la crisi, del numero di separazioni e divorzi. Tuttavia, aumentano i casi relativi agli assegni di mantenimento, dopo le gelate passate e, forse, già in previsione di quelle che ci attendono a breve, difficilmente rinviabili, come il rifinanziamento della posticipazione della Tares, del l’aumento dell’Iva, dei fondi per cassa integrazione in deroga, degli esodati.

Il forte aumento delle ingiunzioni segnala le difficoltà del credito, ma rammenta che le banche possono ottenere decreti ingiuntivi sulla base di una semplice certificazione di un proprio funzionario, facendo ricadere sul debitore non solo il blocco dei suoi beni e quello d’accesso al credito, ma anche l’onere e le spese per provare l’infondatezza della pretesa da parte della banca: davvero un bel privilegio processuale. Sul fronte delle imprese, in sofferenza (nel 2012 oltre 4.300 hanno chiuso), il lavoro dei tribunali è previsto doppio nel 2013, soprattutto per i concordati.
Al pari di quasi tutti gli altri settori della Giustizia e in senso più estensivo della Pa, lo slittamento prevedibile d’efficienza di fronte a un maggior volume di lavoro va a braccetto con certi privilegi. Costituiscono una corporazione gelosa del mantenimento dei propri privilegi, tra i quali la promozione automatica nella carriera, l’ingiudicabilità di fatto (rarissime le punizioni), frequenti doppi incarichi istituzionali fino alle vette dei trecentomila euro annui, per farla breve: una campana di vetro infrangibile, di grandi e piccoli privilegi, protegge questi giudici, tra i più remunerati nella piramide pubblica.

Nei meandri dei sottosistemi importanti come la giustizia civile (ma se ne potrebbero indicare molti altri nella Pa) che incontra nel quotidiano i cittadini, le imprese, i lavoratori, non c’è sospensione dei problemi, ma piuttosto un loro lento ficcante aggravamento, accompagnato dalla persistenza di privilegi inesigibili nel mondo globalizzato.
Anche se considerassimo il bicchiere mezzo pieno, rinfrancati dal successo di Vinitaly e del Salone del Mobile, il risultato non cambierebbe. Le eccellenze esistono anche nella Pa e nella giustizia abbiamo anche autorità e burocrazie che funzionano, nonostante privilegi e imboscati: purtroppo si tratta di best practices, ma non fanno tessuto sistemico.
Per ora, nei sottosistemi arriva la percezione del vuoto di un governo legittimo e credibile, capace di razionalizzare e rimotivare, in grado di far sentire una nuova competenza e autorevolezza.
Tuttavia, la realtà d’oggi è la riluttante persistenza del governo ex-tecnico e l’imprevisto protrarsi della lunga vacanza della politica, che rimugina immobile solo progetti che viaggiano impazziti nei circuiti dei personalismi. In un paese in cui l’uso della ragione pubblica è diventato bene scarso, anche il governo ha finito per esserlo. Eppure compito della politica non è solo la competizione elettorale e lo spirito di parte, ma è soprattutto governo, razionalità e riforme con le quali far crescere fiducia e consenso.

Tratto da IlSole24Ore

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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