Stiamo ancora aspettando la riforma elettorale…

Si parla molto di legge elettorale. L’accordo sulla necessità e l’urgenza di questa riforma è – a parole – quasi generale. Eppure, finora non si è ottenuto nulla.

Il difetto principale che si avverte nel sistema in vigore è che l’elettore può votare solo per liste bloccate, senza possibilità di scegliere fra i candidati. L’elezione dei parlamentari dipende quindi completamente dalle decisioni e dalle graduatorie stabilite dai partiti, con il risultato che spesso gli eletti non hanno e non avranno alcun rapporto vero con il territorio di cui sarebbero espressione.

E si profilerebbe lo scenario imbarazzante di un inevitabile, progressivo peggioramento della qualità della classe politica.

Non mi pare difficile osservare che l’attuale rappresentanza politica non gode di quella rappresentatività dei problemi reali della gente e del territorio. Se prima l’uomo della strada generalmente sapeva più o meno chi fosse il referente politico da cui sentirsi rappresentato e a cui rivolgersi per avere attenzione, direttamente o attraverso i canali dei partiti e delle organizzazioni socio-politiche, oggi la gente si sente priva di riferimenti affidabili, come se non ci fosse a livello politico chi possa dar voce a quanti non hanno voce.

I più deboli sono ovviamente i più svantaggiati da una tale situazione: chi potrà rappresentare i loro interessi? Chi potrà provvedere ai loro bisogni? Chi sarà in grado di dare loro speranza e di lavorare al loro fianco perché questa speranza prenda corpo nella vita reale? Il parlamentare imposto dai partiti, spesso scelto in base a meriti che non paiono andare oltre a quello dell’ossequio ai capi, potrà mai essere voce dei cittadini?

Se si considera poi il processo di personalizzazione della politica, che ha portato sempre più a sostituire gli ideali con la figura del leader di turno, fino a legare il nome stesso delle parti in gioco a quello del personaggio carismatico più o meno forte, si comprende fino a che punto sia giunta la mancanza di reale rappresentatività dei rappresentanti del popolo. L'”eletto” carismatico prende voti da tutte le parti del Paese per la sua sola faccia o per il fascino del suo nome, senza di fatto rappresentare i mondi reali da cui gli sono stati espressi i consensi. Tutto ciò rischia di essere una sorta di “furto” ai danni della democrazia reale, con il conseguente drammatico slittamento del compito del politico dal rappresentare i bisogni della gente al tutelare e promuovere interessi personali o di gruppo più o meno influenti.

Che cosa allora chiedere ai nostri parlamentari impegnati a riformare la legge elettorale? Che l’eletto sia uno vicino alla gente, in ascolto della vita reale, delle sofferenze e delle inadeguatezze del mondo del lavoro e della scuola, della vita familiare e delle forme di servizio proprie dello stato sociale. Che come fu per molti dei rappresentanti dell’Italia del dopoguerra e del boom economico, il parlamentare si getti in politica per servire il popolo e non per servirsi del potere acquisito a vantaggio proprio o della casta.

Ecco perché, allora, l’importanza del voto di preferenza.

Inoltre, quanto detto sinora richiede che agli elettori venga restituita la possibilità di scegliere non solo fra bandiere diverse, ma anche fra donne e uomini differenti, fra programmi legati a impegni personali e di gruppo che siano affidabili e verificabili attraverso il rapporto costante e diretto fra la base e gli eletti. Se da una parte ciò esige la presenza di candidati competenti, generosi, onesti, animati da forti tensioni ideali e da virtù non comuni, dall’altra domanda che il legislatore dia fiducia alla maturità del nostro popolo di saper riconoscere fra possibilità diverse e di sapersi affidare a chi è sentito più vicino alla gente per storia, passione, vocazione e missione.
Andrebbe garantito un effettivo e costante rapporto fra il parlamentare e il territorio di cui è espressione. Solo così la politica, restituita al Paese reale, potrà cambiare: certamente non quelli di un affare su cui investire, quanto piuttosto quelli di una vocazione cui rispondere e di una missione da svolgere.

Politici per vocazione, non per affari, per missione, non per guadagno: riusciremo a trovare una legge elettorale che dia spazio a persone del genere, vicine alla gente, capaci di farsi voce dei più deboli e dei più poveri e di servire la causa del bene comune al di sopra di tutto?

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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