Spread: che bestia nera

Se la Germania si mostrasse un po’ più generosa e solidale, la Francia cedesse un po’ più di sovranità, e l’Italia avesse (e mostrasse, almeno) un po’ più di affidabilità, non ci sarebbero tanti problemi. Bisogna dire però hce in quanto ad affidabilità l’Italia, con Mario Monti e il suo Governo, non poteva fare di più. Ma lo spread misura il rischio dei bond a 10 anni, e tra meno di un anno il governo tecnico sarà stato sostituito da un governo eletto. Di qui la domanda: i comportamenti oggi delle forze politiche che esprimeranno quel governo sono tali da assicurare anche per il futuro l’affidabilità che ci si aspetta da noi?

I tagli e le tasse, con i relativi malcontenti e sofferenze che producono, sono visti da alcune forze politiche come fonte di preoccupazione, da altre come occasione di crescita elettorale; che quindi nei riguardi delle misure di austerità che sta prendendo il Governo, le prime cerchino di diminuirne la portata, le seconde ne promettano l’abrogazione. Ma se parliamo di affidabilità, non conterà quanti saranno i provvedimenti su cui non si potrà più fare marcia indietro (le riduzione delle Province) o quanti, invece, saranno quelli reversibili. Conterà se si è capito che questa è la grande occasione (o, forse, l’ultima occasione?) per mettersi d’accordo su un punto tante volte discusso, ma mai deciso: ridefinire i beni e servizi che vogliamo che lo Stato ci fornisca, e riformare il suo modo di funzionare per darceli.

Quel benedetto spread riflette anche fatti che non dipendono (solo) da noi, la tenuta dell’euro, il modo in cui i trattati verranno interpretati o modificati. Lo scudo anti spread, per quello che si è capito, si attiverà solo dopo che le misure di controllo del deficit e di rientro del debito avranno avuto il benestare di Bruxelles. Ma se l’anno dopo tale scudo cadesse, che si fa, si restituiscono gli spread risparmiati? L’affidabilità dipende da quanto si fa capire oggi di ciò che si farà domani: da come le forze politiche hanno fatto proprio non l’intervento in emergenza ma il programma in continuità, da come la spending review viene considerata punto di partenza di un percorso che ha come punto di arrivo la definizione di ciò che lo Stato fa e la riforma di come lo fa. E non si dica che è il solito generico programma per non fare nulla: per guadagnare affidabilità basterebbe dimostrare che si condivide un obiettivo e ci si impegna su un metodo.

È così oggi? È stato così finora? C’è da chiederselo. Prendiamo l’introduzione in Costituzione del principio del pareggio di bilancio. Dagli anni ’60, col keynesismo dilagante, e con i nuovi equilibri politici, si afferma un’interpretazione per cui la legge di bilancio ha valore sostanziale, può disporre provvedimenti incisivi sugli sviluppi futuri della finanza, e prestabilire fondi speciali in previsione di future leggi. Dieci anni dopo, più del 40% della spesa è finanziato con il ricorso al debito. L’introduzione in Costituzione dell’obbligo del pareggio di bilancio faceva parte del pacchetto di misure richieste dalla Germania per dare il via al “fondo salva-stati”: per noi doveva essere il segnale del ripudio definitivo delle prassi che avevano consentito il formarsi del nostro debito. Invece si è licenziato un testo che la parola “pareggio” neppure la contiene, sostituita da un generico “equilibrio”; con un gioco fine di parole l’Italia non guadagna affidabilità.

Probabilmente la Germania è spaventata dal Mezzogiorno. In 150 anni si sono mandati e sacrificati uomini, forzate integrazioni e concesse autonomie, erogati danari dal centro con la Cassa del Mezzogiorno e Fondi Europei.

Dare affidabilità è possibile senza per questo mettere ipoteche o iscrivere servitù sulle scelte politiche, né sulle presenti né sulle future. Quanti mostrano di accettare a cuor leggero il trasferimento di sovranità che ritengono necessario per la salvezza nostra e dell’euro, dovrebbero però avere coscienza che è niente di meno che un cambio di paradigma quello che oggi a noi si chiede. E che a fornire la risposta sarà anche quanto in questi giorni viene dibattuto.

Tratto da IlSole 24Ore

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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