SISTRI: la storia infinita

Il SISTRI è il sistema di tracciabilità dei rifiuti voluto dal Ministero dell’Ambiente e affidato a SELEX, azienda di Finmeccanica. Per l’adesione (obbligatoria) le aziende hanno pagato 118 milioni di euro contro un servizio che ancora non c’è. Ma il valore complessivo dell’appalto è molto più alto, dovuto soprattutto al costo delle black box che devono essere installate sui mezzi e alle penne usb che servono per l’identificazione degli utenti. Ed i costi per la lavorazione di quest’ultime sono davvero molto elevati, per non parlare poi delle strane trasferte dei tecnici costretti a lavorare lontano dalle proprie sedi, in aule universitarie di vecchi conventi, spesso restando senza fare nulla per mesi interi. Lavorazioni commissionate ad aziende senza il Nulla Osta di Sicurezza come invece avrebbe previsto il contratto d’appalto siglato con SELEX e misteriosamente posto sotto segreto, motivo per cui l’azienda ha ottenuto la commessa senza alcuna gara pubblica.

Scrissi circa un anno e mezzo fa:

Dal 1° di ottobre, data effettiva dell’entrata in vigore del SISTRI e’ stata consegnata in tutta Italia solo il 30-40% dell’attrezzatura necessaria (dato reso noto dal Sole 24 ora e dichiarato dal ministro all’ambiente).

Il termine sopra citato è stato prorogato (data considerata fittizia dagli addetti ai lavori di tutta Italia) al 31 dicembre 2010 perché risultano esserci ancora numerose problematiche legate alla nuova procedura SISTRI.

La domanda che i soggetti operanti nel settore si pongono è la seguente:

Perché appesantire burocraticamente la raccolta di materiali riciclabili (classificati solo e ripeto solo in Italia RIFIUTI) quali vetro, plastica, rottame metallico, legname, ecc. ecc.? Ad esempio, il ferro, da materia prima, puo’ essere fuso e lavorato per diventare utilizzabile, usato, rottamato RIFUSO e RIUTILIZZATO!

Si dovrebbe, innanzitutto, distinguere tra rifiuti recuperabili e non; successivamente bisognerebbe monitorare il ciclo di vita dei rifiuti non recuperabili e destinati allo smaltimento in discarica, non il ciclo di vita dei rifiuti recuperabili, per il quale esiste un effettivo commercio di acquisto e vendita. Classificare tali rifiuti riutilizzabili come “materia prima secondaria” (come avviene negli altri Paesi dell’Unione Europea, prima che varchino il confine italiano) risolverebbe non pochi problemi; problemi che stanno coinvolgendo la quasi totalità degli operanti nel settore – che non stanno ricevendo alcuna risposta concreta per risolvere tali disagi -.

C’è poi, come accennato, anche un problema logistico inerente tale tema: oltre al numero insufficiente di chiavette elettroniche che non riesce a soddisfare la domanda di tutti i soggetti operanti in tale settore, spesso si registrano inconvenienti legati alla consegna erronea di tale chiavetta tra i vari soggetti operanti nel settore della raccolta di questi specifici rifiuti. Inoltre, il PIN viene consegnato, se viene consegnato, con notevole ritardo (e in una seconda fase rispetto alla consegna della chiavetta elettronica cui è collegato). Perciò può accadere di essere in possesso del dispositivo ma di non aver la possibilità di utilizzarlo.

Si aggiunge anche il fatto che il sistema informatico del SISTRI non è stato realizzato per sostenere la domanda (sottovalutata, o male stimata) di tutti gli operatori e accade che l’accesso alla rete è limitato a un certo numero di operatori, escludendo l’accesso stesso ai soggetti che entrino successivamente nella procedura telematica. E in questo caso, come deve comportarsi l’operatore se non può accedere al sistema informatico, condizione essenziale per poter procedere alla raccolta del materiale riciclabile presso un cliente? Infatti, senza l’autorizzazione rilasciata, non si puo’ procedere. Le conseguenze, quindi, risultano essere perdita di tempo e mancato guadagno da parte dell’addetto alla raccolta dei rifiuti in questione.

“Qui si parla di fermare l’Italia del riciclo, perché comunque la struttura elettronica che dovrebbe gestire il Sistri non ha le caratteristiche per gestire la mole di lavoro”.

E quindi proposi le seguenti soluzioni.

Pochi ne parlano, ma gli impatti sul tessuto economico sono pesantissimi. Bisogna congelare le sanzioni SISTRI fino a quando il sistema sarà in grado di dialogare con gli strumenti gestionali adottati dalle imprese per evitare il rischio di sanzioni pesantissime dovute a violazioni non imputabili alle stesse, tra l’altro già economicamente messe in ginocchio dalla crisi economica.

Di problemi ne esistono ancora molti, dai disguidi nella consegna e nel montaggio dei dispositivi USB e/o Black Box, alla non reperibilità di alcun manuale tecnico che, perciò, rende impossibile avere una dimostrazione completa del software. Esistono versioni demo del SISTRI ancora incomplete e, di conseguenza, non è possibile impostare un piano di formazione alle aziende. Cosa ancora più grave è che non sono state rilasciate le norme tecniche.

Il modello proposto non consente un’effettiva riduzione degli oneri per le imprese.
Ecco cosa propongo affinché vengano risolte, o almeno alleviate, tali problematiche:

  • innanzitutto, prorogare di almeno 12 mesi l’avvio del SISTRI;
  • individuare in maniera ottimale le imprese abilitate a seconda del numero di dipendenti e di tonnellate di rifiuti prodotti;
  • rendere gratuito l’accesso del software (scaricandolo, ad es., dal sito del Ministero) oppure definire e rendere accessibili le specifiche tecniche dell’hardware per la realizzazione degli strumenti necessari per il funzionamento del sistema, in modo da creare un mercato concorrenziale;
  • rendere gratuito il servizio di assistenza;
  • integrare e unificare la banca dati dell’Albo gestori ambientali e quella del SISTRI, per evitare una doppia procedura di registrazione dei soggetti già iscritti all’Albo e situazioni anomale in cui un’impresa registrata al SISTRI non sia autorizzata presso l’Albo o viceversa;
  • prevedere sanzioni meno penalizzanti, in particolare nelle prime fasi di attuazione del sistema, in quanto le imprese, pur gestendo correttamente i propri rifiuti, possono cadere in errori formali poiché non sufficientemente preparate ad utilizzare il SISTRI. Si consideri che a soffrire maggiormente di tale innovazione saranno soprattutto le piccole e medie imprese, dove l’informatica non è molto diffusa e che quindi avranno bisogno di un maggiore periodo di rodaggio.

Ad oggi, però, come già detto, ancora nulla è stato risolto. E questo non rappresenta un inutile spreco a danno del bilancio statale, già disastrato? Per non parlare poi del sacrificio economico che è stato richiesto a un parte di cittadini italiani operanti nel settore.

Per chi volesse maggiori informazioni, è possibile visitare il sito www.sistri.it.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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