Scudo anti-spread? Meglio la credibilità del Paese

Dal punto di vista tecnico il meccanismo dello scudo anti-spread si inserisce nel circuito tra Fondi Salva-Stati e Banca Centrale Europea. Per proteggere lo spread, e dunque per evitare l’impennata dei tassi di interesse, EFSF (il Fondo europeo di stabilita’ finanziaria) ed ESM (European Stability Mechanism, che dal 2013 coincideranno con il solo ESM) avranno la possibilità di comprare, sotto la direzione della BCE, i titoli di Stato dei paesi a rischio.

In pratica la Banca Centrale Europea farà da “scorta” ai titoli dei Paesi in difficoltà che ne richiedano l’aiuto. Questo scudo, infatti, non agirà indistintamente sulle vendite dei titoli sovrani, ma verrà attivato per le Nazioni che ne facciano formale richiesta.

È passato un anno esatto da quando il governo italiano, guidato da Silvio Berlusconi, trattava con la Bce di Trichet sul sostegno finanziario ai titoli del debito pubblico la quale, a sua volta, consegnò al governo una lettera molto dettagliata con i compiti per casa che Roma avrebbe dovuto svolgere.

Si trattava di condizioni a fronte dell’acquisto di titoli pubblici da parte della Bce. Gli acquisti di titoli italiani cominciarono nel giro di pochi giorni, facendo diminuire lo spread, ma le decisioni del Parlamento che dovevano adempiere alle condizioni vennero rinviate una settimana dopo l’altra in un clima di crescente caos politico. Dopo mesi di risposte parziali o contraddittorie del governo italiano, la Bce decise di ridurre gli interventi di sostegno. Tra conflitti molto aspri dei capi di governo, la crisi dell’area euro finì per aggravarsi drammaticamente nel novembre 2011.

Da allora molte cose sono cambiate, la credibilità del governo italiano è grandemente aumentata e la parte fiscale delle riforme richieste dalla Bce è stata pienamente realizzata. Tuttavia le riforme strutturali, pur diventate priorità dell’azione di governo, hanno incontrato resistenze sia nei partiti sia nelle parti sociali. Giovedì scorso il Parlamento ha approvato il fiscal compact, che garantisce all’Italia una disciplina fiscale europea, ma gli infiniti emendamenti presentati nelle stesse ore sulla spending review rappresentano la forza degli interessi particolari, rispetto a quello generale del Paese. Così tanto più la vita residua dell’attuale governo si accorcia, tanto più si fa sentire l’eco della scarsa credibilità dei precedenti governi e della debole volontà riformatrice della società italiana.

Difficilmente dunque l’Italia potrà beneficiare di un atto di fiducia nei mesi a venire da parte dei partner e delle istituzioni europee. In questo quadro, l’ipotesi che risorse comuni comunitarie vengano offerte senza severe condizioni e stretti controlli da parte delle istituzioni europee è poco realistica.

Il contesto d’altronde è quello della non-fiducia dei paesi creditori nei confronti del Sud Europa. Nonostante l’enorme sforzo in atto da parte dell’Italia, continuano a pesare le falsificazioni del passato e i mancati impegni di Atene. Anche il comportamento dei governi spagnoli è stato sconcertante, avendo nascosto finora la gravità della malattia che ha colpito il suo sistema bancario. La confessione, poi, del governo di Madrid di una condizione di quasi default crea ancora una maggior sfiducia nella trasparenza dei conti e pesa sugli sforzi italiani di far apparire sbilanciato il rapporto tra gli sforzi italiani e quelli europei.

Il fondo anti-spread non ha risorse sufficienti. L’Italia è considerata un paese che adempie gli impegni di disciplina fiscale. Significa che il suo problema di sostenibilità del debito è dovuto a un livello dei tassi d’interesse che sta soffocando l’economia e che dipende in parte dalla crisi dell’euro. Come Paese adempiente, l’Italia sperava che il fondo Esm intervenisse in modo automatico, per propria iniziativa, e non su richiesta di aiuto del governo – che finirebbe in grave imbarazzo politico – come invece si è deciso.

Anche la speranza che la Bce mobilitasse le proprie risorse, a fronte di garanzie fornite dai fondi salva stati (Esm e Efsf) sulla copertura delle eventuali perdite, è stata vana. Ora la soluzione è che l’economia europea peggiori a tal punto da provocare una deflazione così profonda da obbligare la Bce a procedere all’acquisto di titoli pubblici dei paesi più deboli, proprio per rispettare il proprio mandato di difesa della stabilità monetaria.

Ancora una volta si riuscirebbe a migliorare solo nel peggior modo possibile. L’alternativa è che il rischio politico italiano e il problema di credibilità dell’euro area vengano risolti insieme e che non sia lasciato ai mercati decidere il quando e il come, bensì che a deciderlo siano il governo e la politica italiani, coinvolgendo volontariamente nella gestione del paese le istituzioni europee prima – non dopo – che sia giunto il tempo di chiedere aiuto. Non sarebbe in tal caso una perdita di sovranità, ma una condivisione di responsabilità.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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