Rottamazione. Meglio però la prevenzione.

E’ recente la notizia secondo cui siamo al sessantanovesimo posto, a pari “demerito” con Ghana e Macedonia. Sto parlando della posizione occupata dall’Italia – con “un aggravamento progressivo” negli ultimi anni – nella classifica della corruzione percepita stilata da “Transparency International”. E’ uno dei dati contenuti nel Rapporto sulla corruzione realizzato dalla Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo.

Perché ho iniziato con tale notizia? Perché in Italia il ddl anticorruzione viaggia con il turbo verso il sì definitivo (anche se presenta qualche difettuccio). Questione di giorni: la Camera se ne occuperà già lunedì prossimo, 29 ottobre, e l’approvazione (senza modifiche) è attesa entro i primi giorni di novembre. Tempistiche obbligate, perché su Montecitorio incombe la legge di stabilità e l’anticorruzione rischierebbe di slittare a dicembre. Di qui la fretta. Del resto, l’accordo tra governo e maggioranza è blindare il testo del Senato.

Tempo fa la famosa immunità parlamentare non rappresentava un provvedimento previsto ad hoc per la casta, per difenderla dalla giustizia, bensì costituiva uno strumento di difesa dalle false accuse e dalle campagne diffamatorie dei nemici. Ma oggi la situazione sembra essersi rovesciata, soprattutto dopo Tangentopoli.

La seconda tappa riguarda, poi, l’incompatibilità nelle cariche elettive di quanti abbiano riportato condanne superiori ai due anni di reclusione per delitti contro la pubblica amministrazione. Riusciremo ad avere una legge in merito prima delle elezioni? In caso di risposta affermativa, dunque, non dovremmo più avere nelle liste elettorali, dopo l’approvazione della legge, candidati indagati, inquisiti, condannati in prima istanza e in attesa di appello. O mi sbaglio?

L’Italia sta attraversando in questo momento  una fase in cui tutta la storia politica sembra essere ormai giudiziaria e in cui ogni carriera pubblica è destinata a finire, prima o dopo, in un’aula di tribunale. Sono d’accordo nell’affermare che il pessimo comportamento di molti eletti non ci autorizza a dimenticare che la presunzione d’innocenza resta; nonostante tutto, bisogna ricordare anche l’errore giudiziario. Ma sostengo anche che, purtroppo, a differenza delle altre democrazie europee, l’indagato (o presunto indagato) non si dimette “manco cascasse il mondo”, mentre in alcuni Paesi, ripeto, qualcuno si è dimesso anche per un aver copiato una tesi di laurea o aver richiesto il rimborso del biglietto di una metro.

Occorre ogni volta una legge ad hoc per combattere il malcostume? Dovrebbero essere i politici e i singoli candidati, in questo momento, ad astenersi dal chiedere voti che sembrerebbero una polizza d’assicurazione. Non è interesse dei partiti, soprattutto ora, alimentare il populismo giustizialista che agita il Paese, candidando condannati o inquisiti.

Altro che rottamazione. Meglio ancora.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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