Napolitano vs Procura di Palermo: chi avrà la meglio?

Intercettazioni.

Quelle che hanno coinvolto il Presidente della Repubblica Napolitano.

Una situazione complicata e che raramente accade. Esiste infatti un solo precedente, quello innescato da Ciampi circa sette anni fa e riguardante il potere di grazia. Ma questa volta il capo dello Stato – a differenza del suo predecessore – rischia di avere il verdetto della Consulta mentre è ancora in carica, mettendo in gioco tutto il suo prestigio. Inoltre, il conflitto investe il ruolo stesso della presidenza della Repubblica, la sua posizione costituzionale.

A questo punto viene da chiedersi se sia possibile intercettare il presidente; e in caso di risposta affermativa, in quali casi. Intercettare il Presidente della Repubblica è possibile qualora: 1) nei suoi confronti il Parlamento apra l’accusa per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; 2) in seguito a tale procedura la Consulta ne disponga la sospensione dall’ufficio; 3) intervenga un’autorizzazione espressa dal Comitato parlamentare per i giudizi d’accusa.

Quindi il presidente non è inviolabile. Però nessuna misura giudiziaria può disporsi finché lui rimane in carica, e senza che lo decida il Parlamento.

Di fronte a queste condizioni previste dall’ordinamento italiano, da quanto si legge nei quotidiani, la Procura di Palermo ha cercato di aggirare tali fattispecie sostenendo che nessuna intercettazione è stata fatta direttamente sull’utenza di Napolitano e che semmai vi è stato, l’ascolto è avvenuto casualmente mentre veniva intercettato l’ex ministro Mancino. Inoltre, sempre secondo la Procura, le conversazioni telefoniche del presidente sono comunque penalmente irrilevanti e i nastri registrati non sono mai stati distrutti perché possono servire nei confronti di Mancino – e in ogni caso la loro distruzione passa attraverso l’udienza stralcio regolata dal codice di rito –.

L’idea di sollevare un conflitto di attribuzione nei riguardi della Procura di Palermo è stato un gesto forte. Ha rotto quella diplomazia che esisteva e che sempre ha cercato di portare aventi fra il Quirinale e una parte della magistratura. E ha esposto il capo dello Stato alla reazione di un’area politica e giudiziaria che spesso gli si mostra quotidianamente – o quasi – ostile. Ma è un gesto teso a ristabilire l’equilibrio dei rapporti istituzionali: tanto più perché, secondo la Costituzione, il capo dello Stato presiede il Csm.

Napolitano si è ritrovato addirittura ora circondato dal consenso di una maggioranza anomala più ampia di quella che sostiene Monti! Come riporta il Corriere della Sera, tale scelta mette d’accordo quanti, come lo stesso presidente, si preoccupano soprattutto di evitare «qualsiasi incrinatura» nei poteri costituzionali del Quirinale; e chi, come il Pdl ma anche settori del Pd e dell’Udc, addita da tempo lo sconfinamento di alcuni pm e un uso improprio delle intercettazioni.

Investire della questione la Consulta sembra essere stata la via più corretta anche se è difficile accettare che sia un giudice a esprimersi sulla rilevanza stessa dell’intercettazione. Perché o quest’ultima rivela che il presidente ha commesso gli unici due reati dei quali è responsabile, per esempio vendendo segreti di Stato a una potenza straniera; e allora la Procura di Palermo avrebbe dovuto sporgere denuncia ai presidenti delle Camere, cui spetta ogni valutazione. Oppure no, ma allora i nastri vanno subito distrutti, senza farli ascoltare alle parti processuali.

Non dimentichiamo che le persone passano, le istituzioni restano. In questo momento le conseguenze di un tale conflitto non si possono ancora pesare del tutto. Un conflitto di attribuzioni serve a delimitare il perimetro dei poteri dello Stato, a restituire chiarezza sulle loro competenze. E la democrazia, a differenza dei Paesi in cui vi è la dittatura, non deve aver paura dei conflitti: meglio portarli allo scoperto, che nascondere la sporcizia sotto il tappeto.

Che rispunti nell’agenda del governo tecnico, su pressione di qualche partito (o specifico politico) la volontà di ottenere una legge che limiti il ricorso ai controlli telefonici nelle indagini giudiziarie?

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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