Il Laziogate rappresenta milioni di voti regalati all’antipolitica.
I finanziamenti ai partiti, soprattutto a livello regionale, possono prendere troppe forme per essere controllati efficacemente. Si pensava che il problema fossero gli stipendi e i vitalizi dei consiglieri regionali. Ma poi si è scoperto che, quando si tagliano gli stipendi, i consigli regionali rispondono aumentando il numero di cariche che ogni consigliere può assumere. La fantasia nel generare diarie e indennità di vario tipo è per certi aspetti ammirevole. E pochi avevano pensato ai fondi ai gruppi consiliari come una fonte di benefici infiniti.
La remunerazione complessiva di ogni consigliere o assessore regionale potrebbe essere uguale in tutta Italia, diciamo 5mila euro al mese. Niente più indennità o diarie. Ogni Consiglio regionale dovrebbe poi avere a disposizione un milione di euro, suddiviso proporzionalmente tra i vari consiglieri regionali delle varie rappresentanze partitiche, utilizzati per raccogliere documentazione statistica o i pareri di esperti in legislazione, organizzare convegni ed altre attività sul territorio. Ogni fattura dovrebbe messa in rete.
Se una regione vuole avere più consiglieri, più assessori, o pagarli di più, oppure vuole finanziare i gruppi consiliari e l’affissione di manifesti, se ne assume le responsabilità. Senza che ciò non ricada sulle spalle dei cittadini.
Ma tutto questo non è ancora sufficiente. Non dimentichiamo che il Laziogate è avvenuto in una regione con 10 miliardi di debiti per la sola sanità, accumulati mentre decine di politici e le loro famiglie si arricchivano con il business delle cliniche private e nonostante a Roma ancora si rischi di morire di sete dimenticati nelle corsie. Qualche anno fa si era previsto un percorso di rientro dal debito, con una sorta di commissariamento. Poi tutto è stato di fatto condonato. Fu un errore. È necessario prevedere una sorta di procedura fallimentare credibile per le Regioni: come nelle aziende pubbliche, senza lo spettro del fallimento non c’è responsabilità. La prospettiva di un fallimento della regione avrebbe anche indotto i cittadini a vigilare meglio sugli incredibili trucchi utilizzati dai consiglieri regionali per arricchire se stessi e il “sottobosco politico” che li circonda.
L’ altra causa dell’enorme ondata di rabbia sono gli stipendi di molti dirigenti e manager pubblici. “Per sfatare questo mito, è interessante fare alcuni confronti internazionali. Il presidente della Consob guadagna 387mila euro; il presidente della Sec americana guadagna 152mila dollari, circa 120mila euro. Il primo presidente di Cassazione guadagna 294mila euro; il presidente della Corte costituzionale americana 223mila dollari (171mila euro). Il direttore dell’Fbi si lamentò scherzosamente nel 2001 che con uno stipendio di 141mila dollari (110mila euro) non riusciva a pagare il mutuo; il capo della polizia italiana guadagna 621mila euro. Tim Geithner, il ministro del Tesoro americano, guadagna 197mila dollari (151mila euro); il capo di gabinetto del ministero dell’ Economia guadagna 537mila euro. Bob Bernanke, presidente dela Fed, guadagna 200mila dollari (154mila euro); Ignazio Visco, il governatore della Banca d’Italia, 757mila euro. Il capo dipartimento del ministero delle Politiche Agricole guadagna quanto il presidente degli Stati Uniti”.(*)
Dunque, a meno che non si voglia asserire che dirigenti pubblici, banchieri e giudici americani sono mediamente di qualità inferiore a quelli italiani, è chiaro che ai livelli attuali degli stipendi italiani l’argomento non tiene.
Con riferimento sempre ai manager pubblici, che sono tanti, è interessante notare che quattro dei primi sei posti sono occupati da dirigenti di Finmeccanica, azienda statale al centro di scandali di ogni tipo, con stipendi tra 1,6 milioni a 5,5 milioni di euro (*).
Tutte queste situazioni non sono più tollerabili. Ma in questo caso la soluzione è semplicissima: il governo dovrebbe stabilire un tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici ben inferiore a quella attuale. Nessuno morirebbe di fame o dovrebbe rinunciare all’automobile o alle vacanze, e il funzionamento degli organi di cui fanno parte non ne risentirebbe. Forse qualcuno se ne andrà, ma in Italia non manca il capitale umano per rimpiazzarli. La stragrande maggioranza però rimarrà, qualcuno per senso civico e altri perché sanno benissimo che la remunerazione cui possono aspirare nel settore privato è enormemente inferiore a quella che percepiscono ora.
Su tutti questi fronti il Governo deve cominciare a lanciare dei segnali forti.
(*) Dati tratti dal Sole24Ore