Quando cambieremo (o meglio, cambieranno)?

Ma cosa deve accadere in questo Paese più di quello che quotidianamente si legge sui giornali perché si reagisca con piena convinzione e tempestività al dilagare della corruzione se non con l’ambizione di metter fine al fenomeno almeno con quella di segnalare la volontà di fare qualcosa?

La risicata maggioranza con cui il decreto anticorruzione è passato alla Camera dopo la contestata fiducia posta dal governo, il dibattito che l’ha preceduto e le controversie che lo hanno animato destano preoccupazione. Tutto sembra indicare che anche di fronte a un argomento che dovrebbe accomunare tutti, non si riesce a trovare una soluzione condivisa.
Leggiamo quasi ogni giorno di casi di corruzione. Ora riguardanti il calcio, ora un amministratore di un partito, un presidente di regione, un banchiere privato. Insomma, la corruzione, ampiamente intesa, è in Italia un fenomeno in crescita.

L’importanza di contrastare la corruzione è stata rimarcata di recente dalla Corte dei Conti e dal Governatore della Banca d’Italia, perchè rappresenta un ostacolo al progresso economico. Non ci sono tanti giri di parole da fare. Per questo ci si aspetterebbe tempestività, se non per eliminare il fenomeno, perlomeno per contrastarne il dilagare e dare la sensazione ai cittadini, ai nostri partner commerciali e alle imprese che guardano al paese come potenziale meta dei loro investimenti, che siamo consci del problema, che intendiamo opporre resistenza e non lasciare spazio al propagarsi della corruzione. Invece per mesi è andato avanti in Parlamento un mercanteggiare sul cosiddetto Decreto anticorruzione che lascia perplessi sul contenuto (c’è molto da discutere sul fatto che un condannato non dovrebbe candidarsi?) e la tempistica (se ne parla da un paio di anni, MA PERCHE’ NON SUBITO?) e dà la sensazione che chi sta al vertice del processo legislativo non abbia il problema in grande cura.

Personalmente dubito che quel decreto elimini la corruzione da questo paese o anche solo la intacchi significativamente. Diciamocela: l’Italia è intrisa di corruzione, tocca troppe sfere, è diffusa e accettata nel piccolo e nel grande, è tollerata dagli elettorati che non la ripudiano con il voto, l’unico modo forse per cui potrebbe scomparire. Oggi non c’è domanda sufficiente per la sua scomparsa. Però quel decreto è importante per mettere almeno un argine.
Leggevo su un quotidiano un articolo che parlava dell’ultimo rapporto del Pew Research Center (spero il nome sia giusto) sulle attitudini prevalenti nei principali Paesi occidentali, fatto su un campione di persone appartenenti a Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Spagna, Grecia, Polonia e Repubblica Ceca, in cui è stato chiesto di dire quale tra questi Paesi europei è il meno corrotto e quale il più corrotto.

Tutti ritengono che la Germania sia il Paese meno corrotto. Tutti con eccezione dei Greci, Polacchi e Cechi ritengono che l’Italia sia il più corrotto. I cittadini di questi Paesi ritengono che sia il loro Paese a detenere l’infausto primato, ma collocano l’Italia a seguire. Ma inglesi, francesi, spagnoli e tedeschi ci assegnano il primo posto. In qualche misura queste opinioni riflettono uno stereotipo. Ma che sia effettiva realtà o solo una caricatura alla fine poco importa. Perché sono quelle opinioni, vere o false che siano, a condizionare i comportamenti.

Tentennare sulla battaglia contro la corruzione, soprattutto quando l’indecisione proviene dal massimo organo legislativo del Paese non può far altro che rafforzare lo stereotipo dell’italiano “pizza-pasta-mandolino-mafia (o corruzione)”. Di converso, reagire prontamente, mostrare risolutezza nel volerla combattere, soprattutto tra gli alti organi di governo, contribuisce a contenere lo stereotipo e forse anche ad invertirlo talvolta prima ancora di aver conseguito reali risultati. Per questo è importante che il Governo abbia messo la fiducia e si stia adoperando per far approvare quel decreto.

Ritengo il tentennamento mostrato dal Parlamento riprovevole. Ma il tentennamento del governo – uno dei migliori partoriti negli anni recenti – non sarebbe comprensibile. Se anche un governo tecnico, lontano dalle meschine convenienze dei partiti, dovesse mostrare debolezza di fronte alla corruzione sarebbe evidente che la caricatura dopotutto assomiglia maledettamente alla realtà.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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