Il destino dell’UE in un vertice?

L’economia mondiale sta trattenendo trattiene il respiro. Raramente le sorti di un continente intero e, di riflesso, dell’economia globale sono dipese in tal misura da un singolo vertice. O sarà il classico topolino partorito dalla montagna? Un insuccesso del vertice Ue farebbe risvegliare un lupo famelico e insaziabile, tale da sbranare l’intero progetto europeo già alla riapertura dei mercati lunedì.

Ha fatto bene Monti affermare che non possiamo permetterci mancate decisioni, e sbaglia i calcoli chi magari spera segretamente che il governo torni da Bruxelles a mani vuote.
Molta attenzione è stata giustamente data alla necessità di procedere decisamente verso un’autentica unione economica e monetaria.

Non è poco, ma dopo due anni di mezze misure, è ora che l’impegno di fare tutto il possibile per salvare l’euro diventi realtà. Ma anche un tale importante risultato rischierebbe di risultare vano se non si risponderà nel contempo anche a preoccupazioni più immediate: rimettendo in carreggiata il programma con la Grecia e avviando con successo quelli con la Spagna e Cipro.

Cominciando dalla Grecia, poiché è trasparente come l’acqua che una sua fuoriuscita scatenerebbe l’inferno, è necessario un segnale chiaro. Sarà doloroso, sì, soprattutto se non si dosa bene la cura: vi è cioè un limite di velocità nella correzione dei conti pubblici, oltrepassato il quale l’economia sbanda fuori strada.

Non bisogna perdere tempo in un prolungato gioco di scaricabarile: i creditori ufficiali non potranno che rinegoziare il loro aiuto, e non solo rispetto al tasso di interesse e la durata del sostegno, ma anche al ritmo di aggiustamento. Detto questo, è altrettanto chiaro che la Grecia non può sottrarsi a una buona dose di aggiustamento: l’elettorato può votare contro l’austerità quanto vuole, ma alla fine non potrà evitarla. Anche se il Paese decidesse di spezzare ogni rapporto e ripudiare l’intero debito, non sarebbe infatti in grado di coprire le proprie spese interne.

Oltre alla Grecia, va data risposta veloce e flessibile anche alla Spagna e a Cipro. In entrambi i casi è stato perso già troppo tempo prima di richiedere gli aiuti, in un mal posto senso di orgoglio. Entrambi i Paesi cercano un intervento a favore delle banche.

Ancora una volta il mondo chiede coraggio e immaginazione nelle decisioni dei leader europei. Se no, veramente, sarà troppo tardi per gridare al lupo, e forse già da lunedì mattina.

C’è poi il discorso sul famoso processo di integrazione, che dovrebbe essere graduale ed iniziare con azioni che possono essere compiute immediatamente, senza abbandonare il principio ispiratore secondo cui ad ogni passo verso una maggiore solidarietà deve corrispondere un passo verso una maggiore responsabilità. In gioco non c’è solo l’integrazione economica ma, in generale, la fiducia economica nell’Eurozona l’impegno preso tempo fa per quell’ambizioso progetto europeo. Per arrivare a una vera e propria unione economica e monetaria l’Ue deve raggiungere l’unione bancaria e l’unione fiscale, oltre a fare progressi verso un’unione politica.

Unione bancaria
Sino a poco tempo fa la finanza e le istituzioni finanziare hanno funzionato, si sono integrate e hanno superato i confini nazionali a un ritmo di gran lunga superiore rispetto a quello dei meccanismi di sorveglianza e regolamentazione transfrontaliera. La crisi ha però rivelato quanto fosse inadeguato il coordinamento in materia di vigilanza, che poi è stata adeguata di conseguenza. Si è creato al tempo stesso un circolo vizioso: l’uso del danaro dei contribuenti per salvare le banche indebolisce i debiti sovrani, mentre le banche, sempre meno propense al rischio, smettono di concedere prestiti alle imprese, che invece hanno bisogno di fondi. Tutto questo rallenta l’economia e con essa il settore bancario, e ciò a sua volta indebolisce il debito sovrano. Questo meccanismo negativo può essere spezzato solo prendendo decisioni coraggiose per mettere a punto un quadro finanziario forte e integrato. Per il mercato unico dei servizi finanziari è fondamentale l’esistenza di un codice unico. Partendo da questo, bisognerà creare rapidamente un sistema unico per la sorveglianza bancaria e un quadro comune per l’assicurazione e la risoluzione dei depositi. La Commissione ha già avanzato proposte sui requisiti patrimoniali e su regimi di garanzia dei depositi e strumenti comuni di risoluzione nel settore bancario, compresi prestiti reciproci tra fondi nazionali. Le decisioni in merito a queste proposte dovrebbero essere adottate entro la fine di quest’anno. Nei mesi prossimi verranno proposte altre misure relative a un organismo comune europeo preposto alla sorveglianza e un sistema comune di assicurazione dei depositi e di risoluzione, compresi fondi comuni finanziati principalmente dalle banche che sono controllate dal supervisore comune europeo. Grazie ai meccanismi di cooperazione rafforzata o a deroghe debitamente circoscritte sarà possibile farlo senza mettere a repentaglio l’integrità dell’Unione europea.

Unione fiscale
Il secondo elemento costitutivo è l’unione fiscale. In un’unione economica e monetaria più integrata, occorre avere posizioni di bilancio solide. L’unione fiscale significa molto di più che non solo eurobond e stability bond – significa anche maggiore coordinazione delle politiche fiscali e un approccio europeo molto più forte alle questioni di bilancio.

Unione politica
Le decisioni su un’integrazione economica, finanziaria e fiscale più profonda implicano cambiamenti radicali del modo in cui i cittadini europei sono governati e in cui vengono spese le loro tasse. È fondamentale raggiungere una maggiore responsabilità e legittimità democratica basata su un coinvolgimento dei cittadini nel dibattito politico in tutte le fasi e a tutti i livelli. È questo il terzo elemento: un quadro politico più integrato e più forte – una “unione politica”. Questi sviluppi devono essere improntati al metodo comunitario, con la debita partecipazione dell’istituzione su cui si basa la legittimità democratica a livello europeo: il Parlamento europeo. Bisogna considerare il ruolo e le competenze dei parlamenti nazionali nelle questioni europee e rafforzare i collegamenti tra questi e il Parlamento europeo. Ma per il bene della coerenza, della democrazia, dell’apertura e della trasparenza non dobbiamo creare istituzioni nuove o separate. C’è un’Unione europea, un Parlamento europeo direttamente eletto e una Commissione europea, il cui compito è difendere gli interessi di ogni singolo Stato membro e promuovere l’integrità del l’Unione nel suo insieme. Nelle questioni di competenza europea, la Commissione è il governo economico dell’Europa. La crisi attuale è la più grave minaccia che l’Ue abbia mai affrontato in 60 anni di costruzione europea. Di fronte a questa realtà, stare fermi è impossibile. Potrebbe non essere semplice: occorrono ambizione, lungimiranza e determinazione per attuare riforme molto estese.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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