Il coraggio di fare certi tagli

Tratto da Libero – a cura di Maurizio Belpietro

Anni fa, quando dirigevo il Giornale, commissionai ai colleghi una serie di articoli sul sindacato: volevo un’inchiesta incentrata sui privilegi di cui godevano Cgil, Cisl e Uil e sui soldi pubblici che incassavano. Nessuno all’epoca se n’era mai occupato: il libro di Stefano Livadiotti intitolato L’altra Casta era di là da venire e i fatti interni alla triplice erano pressoché misteriosi. Grazie al lavoro dei cronisti di via Negri venne fuori un quadro impressionante di agevolazioni e denaro che il governo concedeva a un’organizzazione privata, la quale poi usava fondi e permessi per ostacolare l’attività del governo stesso.

Ricordo che Roberto Maroni, all’epoca ministro del Lavoro, mi telefonò dicendomi che neppure lui era a conoscenza del volume di rimborsi che lo Stato versava nelle casse delle confederazioni  e la cifra di 2 mila miliardi che avevamo pubblicato lo aveva lasciato a bocca aperta. Molto tempo è passato da quell’inchiesta e molti articoli, oltre che libri, sono stati scritti sulla materia. Il flusso di fondi con cui si finanzia il sindacato però è sempre lì, intatto nonostante la crisi economica e le ristrettezze delle pubbliche amministrazioni. Milioni di euro che ogni anno vengono riconosciuti ai Caf e ai patronati, centinaia di migliaia di ore di distacchi e permessi sindacali che, secondo la Corte dei conti, all’Erario sono costati in un anno l’equivalente di 151 milioni di euro.

Ora Mario Monti dice di voler mettere mano alla faccenda. Da quel che si legge, con la spending review il governo vorrebbe ridurre del dieci per cento le ore di lavoro regalate a Cgil, Cisl e Uil e risparmiare un euro per ogni dichiarazione dei redditi che passa nelle mani del sindacato. Spiccioli. Se davvero volesse incidere sulla spesa pubblica, basterebbe che il premier semplificasse i documenti che il contribuente deve presentare ogni anno al Fisco (trattandosi di lavoratori dipendenti che al massimo posseggono una casa, l’operazione sarebbe estremamente semplice) e azzererebbe in un amen i fondi destinati alla Triplice. Non molto più complicata sarebbe l’eliminazione dei sindacalisti retribuiti dallo Stato: basterebbe applicare anche nei ministeri il contratto privato e 4.569 persone pagate dalla pubblica amministrazione per lavorare presso le sedi di Cgil, Cisl e Uil sarebbero interamente a carico delle confederazioni.

Certo. Per fare tutto ciò ci vuole un discreto fegato e anche la pazienza di sopportare scioperi a non finire. Camusso, Bonanni e Angeletti, vedendo sparire funzionari gratis e la montagna di quattrini che ogni anno viene loro regalata dallo Stato, non la prenderebbero molto bene. Senza uomini e senza soldi a breve sarebbero costretti a chiudere baracca e burattini o per lo meno a ridimensionarsi drasticamente. Per molti sindacalisti di carriera ci sarebbe lo spettro di mettersi per la prima volta nella vita a lavorare. Proprio per questo – per il cancan che scateneranno – temo che alla fine non se ne farà niente. Del resto già ieri il Sole 24 ore parlava di una retromarcia del governo: probabile dunque che sul sindacato non solo non si abbatta l’accetta di Monti, ma neppure il temperino.

Per non essere accusati di comportamento anti sindacale o di manie di persecuzione nei confronti della Triplice, non vogliamo fermarci solo a quanto si potrebbe risparmiare chiudendo i rubinetti che alimentano Cgil, Cisl e Uil. Nei giorni scorsi abbiamo segnalato di quanto siano in eccesso i dipendenti del Comune di Palermo, il cui numero è quasi due volte  quello del capoluogo lombardo (con la differenza che a Milano ci sono il doppio dei cittadini). Così come pure ci siamo occupati dei forestali calabresi, che sono undici volte di più in confronto a quelli assunti per occuparsi dei boschi della Valtellina o della Val Seriana. Ma volendo risparmiare  si potrebbe finalmente affrontare lo scandalo del 118 siciliano: un pronto soccorso per il quale lavorano 3.337 persone nonostante le ambulanze della Regione siano solo 256. Il servizio, appaltato alla Croce rossa, ha portato al fallimento della società: così la Regione ha pensato bene di assumere direttamente tutto il personale, ma non senza aver trovato un piccolo marchingegno per scaricare un po’ di costi sulle spalle dell’Inps.

E a proposito di sanità, visto che Monti si dice intenzionato a mettere mano alle forbici, perché non comincia dal ministero della Sanità? Secondo le nostre informazioni, vi lavorano oltre 2 mila dipendenti, ma gran parte dei compiti, da almeno un decennio, è attribuita alle Regioni. Dunque, che ci sta a fare tutta quella gente? Di sicuro non a occuparsi della nostra salute:  sapere che al ministero buttano i nostri soldi infatti ci provoca solo un travaso di bile.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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