Federalismo…che sia la volta buona?

La riforma del Titolo V è una legge costituzionale e quindi i tempi non sono prevedibili (se ne occuperà la prossima legislatura). Ma il messaggio politico è che si vuole porre rimedio ad un «federalismo» pasticcione, archiviando undici anni di federalismo all’italiana e approdare finalmente a un decentramento equilibrato e controllato.

Il “nuovo” articolo 117 presenta due meriti principali: riporta sotto lo stato alcune funzioni chiave per la tenuta dei conti pubblici (il coordinamento della finanza pubblica) e per lo sviluppo del Paese (energia e infrastrutture); fa dello Stato stesso il “regista” dell’intero processo federalista assegnandogli il compito di garantire i diritti essenziali dei cittadini e l’unità della Repubblica.

Assieme alla stretta sui privilegi delle autonomie speciali, ciò potrebbe consentire all’Italia di invertire la crescita esponenziale delle spese regionali raccontate sui giornali in questo periodo. In un orizzonte di medio periodo, meno competenze da gestire insieme allo Stato dovrebbero significare meno uscite, meno centri di costo e meno apparati. Aggiungendo un vero sistema di controlli sui bilanci e un inasprimento delle sanzioni (non solo penali) per chi sperpera le risorse pubbliche allora sì che il nostro Paese potrà dire di aver trovato una via tutta italiana al federalismo efficiente e solidale.

Ma affinché ciò accada occorre lo sforzo delle forze politiche di mettere da parte per almeno tre mesi calcoli elettoralistici e logiche di schieramento e impegnarsi in Parlamento per trasformare il Ddl varato martedì notte in una legge costituzionale. Almeno dei partiti che sostengono Mario Monti. Diversamente il testo messo a punto dall’Esecutivo in carica farebbe la fine di quello partorito dal Governo precedente l’estate scorsa.

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Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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