Prima è toccato alla Grecia, poi all’Irlanda e al Portogallo. Ora è il momento della Spagna. Tocchiamo ferro per l’Italia. Ma l’Europa, allora, esiste i mercati attaccano e colpiscono senza tregua un Paese dietro l’altro? La risposta è no.
La grande Germania sta perdendo il senso della storia e della solidarietà con i partner, forse scordando gli aiuti ricevuti dopo l’unificazione tra Germania Est e Germania Ovest.
La Merkel deve capire che non può andare avanti così. Non farà molta strada se continuerà ad essere indifferente alla rabbia dei greci, distante dall’orgoglio ferito degli spagnoli, dalle paure italiane e dalle angosce francesi. Tirare fuori 100 miliardi europei (di cittadini europei, una buona parte italiani) per difendere le banche spagnole e ritrovarsi con “lo spread BTp-Bund a 473 punti e quello con i Bonos spagnoli oltre quota 520 è l’ultima spia di un allarme rosso che lei si ostina a volere ignorare“. Non esistono vie alternative. Bisogna dare un messaggio forte ai mercati: l’Europa esiste, non salta; non deve saltare, punto.
Il tempo delle parole è finito, con dieci anni di ritardo, il disegno di integrazione politica va portato a compimento attraverso scelte concrete, immediatamente operative. Almeno tre.
1 – Garanzia unica per i depositi bancari europei. A chi solleva problemi morali, non del tutto infondati, sulla sua introduzione, va spiegato che, in assenza di questo strumento, rischia di pagare di più anche chi si è comportato bene.
2 – Accesso diretto al Fondo salva-Stati da parte degli istituti di credito. Le turbolenze di ieri sui mercati sono dovute proprio alla convinzione che gli aiuti arriveranno da un secondo fondo di stabilità, e questo incide sulla qualità e il tasso di rischiosità dei titoli di Stato spagnoli.
3 – Unificazione dei debiti pubblici europei distinguendo (Paese per Paese) il carico degli interessi ma neutralizzando così l’azione della speculazione sui tassi dei titoli sovrani dei Paesi del Sud Europa (e non solo) che si è rivelata molto onerosa. Questo terzo punto è il più complicato. Si può raggiungere solo a patto che si scambi la protezione in comune con la modifica della Costituzione di ciascun Paese per cedere sovranità nazionale e acquistare sovranità europea sigillata da una nuova, vera carta costituzionale. Perché diventi realtà chi governa i singoli Paesi (Francia e Germania comprese) deve avere la forza di far capire ai suoi elettori gli indubbi benefici di breve e medio termine conquistabili con tale scelta. Può sembrare un processo coraggioso (di certo non è facile) ma è addirittura obbligato se non si vuole fare una brutta fine.
Questo serve subito, serve all’Europa, e serve anche alla Germania. Non è suo interesse mettere a terra le economie europee dove continua a collocare più della metà delle sue esportazioni e a detenere la gran parte degli investimenti esteri.
Tra le macerie dei Paesi europei non può sopravvivere la Germania. Se l’Europa ritrova velocemente la sua unità politica, sarà un concorrente temibile per tutti e potrà garantire reddito e occupazione alla nuova generazione di cittadini europei. Altrimenti sarà travolta da una serie di interventi difensivi che saltano da un Paese all’altro, fanno guadagnare tempo, ma ci condannano al declino. Se vuole che lei e la sua Germania restino protagonisti in Europa, non ha più tempo da perdere. Batta non uno, ma almeno due o tre colpi, e li batta subito, perché a tutti sia chiaro che gli Stati Uniti d’Europa sono una realtà e l’euro non è più attaccabile.