Euro ed Unione Europa: più danni che benefici?

La crisi dell’euro è in stand-by. I mercati restano alla finestra nonostante i segnali negativi provenienti da dentro e fuori il “club” della moneta unica.

Il rigore a senso unico non produce i risultati sperati ma sempre più disordini e tensioni sociali: vi sono una forte recessione e disoccupazione accompagnate da azioni al limite per risanare i conti pubblici. Ed il recupero di competitività rimane ancora un’utopia.  

C’è una disperazione che merita ogni rispetto. E una violenza che merita ogni condanna. Le due faccie della medaglia, della giornata europea contro le politiche dell’austerità. Fino a quando si è trattato di cortei ordinati, anche se rabbiosi, si è esercitato un legittimo diritto costituzionale.

Quando però si creano cortei fuori dai percorsi autorizzati con studenti, giovani coi caschi ed ex giovani, la Costituzione non c’entra. Quando ci si schiera come squadriglie il cui unico scopo è un corpo a corpo con gli agenti, non si tratta più di questione di diritto e di libera espressione del pensiero. Ma di sola violenza, la peggiore perchè a sfondo razziale, che tuttavia alcuni eccessi da parte degli agenti hanno rischiato di alimentare ulteriormente.

L’Europa e l’Italia hanno dovuto riacquistare la fiducia a colpi di rigore e di austerità. Dovevamo recuperare molto terreno per tornare partner credibili in “Eurolandia” e per convincere i mercati, decisi ad abbattere l’euro attraverso la grande crepa del debito pubblico italiano. Ma dopo sono mancate politiche di crescita. Il pacchetto delle misure contenute nel decreto sviluppo fatica a concretizzare effetti positivi e apprezzati dalla società. La legge di stabilità farà ciò che può per accrescere l’equità per le famiglie (con l’aumento delle detrazioni per i figli), ma l’entità delle risorse a disposizione resta sempre limitata. La politica industriale fatica a trovare un orizzonte strategico proprio quando l’Italia rischia di perdere produzioni come l’acciaio o la ceramica senza risolvere il problema del sovracosto energetico. Diventando, inserobailmente, preda della concorrenza (europea ed extra-europea).

La sensazione che si avverte è quella di un misero assetto previdenziale e di un’insostenibile pensantezza del carico fiscale sugli onesti (ormai al record mondiale). Il lavoro comunque non si fa per decreto, è evidente. E non si fa con le molotov, con le botte e con gli insulti.

Si fa con “politiche di rilancio che creino concorrenza nei servizi e abbattano il muro della burocrazia”. Con politiche che attraggano investimenti e creino occupazione a cominciare da norme di alleggerimento fiscale sulla parte produttiva del Paese.

Serve concretezza. Imprese e sindacati devono raggiungere un accordo sulla produttività, per far sì che aumentino i salari e il livello dei consumi.

E, probabilmente, servirà anche ad aumentare la fiducia. Nel futuro e nel Paese.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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