Il bastone e la carota

È un provvedimento complesso quello approvato dal Consiglio dei ministri sotto il nome di legge di stabilità. Sono stati fatti interventi significativi sia sulle entrate sia sulle spese. Però talmente complicati che, dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri, sono poche le certezze sui saldi e sugli importi delle singole poste.

L’intervento sull’Irpef, con il complesso nuovo meccanismo di revisione delle detrazioni e delle deduzioni, infatti, vanificherà per molti contribuenti il beneficio dell’intervento sulle aliquote. Quasi una partita di giro interna all’Irpef. Il mini-taglio sulle due aliquote più basse rappresenterà quasi una piccola mancia mensile per noi contribuenti.

È certamente positivo, e va riconosciuto, lo sforzo di dare un segnale sulla riduzione della pressione fiscale, ricorrendo anche a tagli della spesa pubblica. Il binomio “meno spesa e meno tasse” è la via maestra da percorrere se si vuole davvero provare a rilanciare il Paese tenendo insieme rigore e crescita, come è obbligatorio fare in questi tempi di instabilità finanziaria.

Ma se si va ad approfondire il dettaglio di quelle riduzioni fiscali e di quei tagli di spesa, come leggevo da qualche giornale, sorgono alcune perplessità. I tagli di spesa, per cominciare, somigliano ancora troppo a tagli lineari più che a una vera spending review. Sulla sanità, in particolare, dove c’è da auspicare che la riscrittura dei tagli produca un risultato più mirato agli sprechi veri e più attento a tutelare le buone ragioni del servizio ai cittadini e delle imprese che operano nel settore, già colpite ripetutamente da interventi precedenti. La logica dei tagli lineari, di nuovo, sembra prevalere con effetti distorsivi anche per settori trainanti dell’industria di settore.

La priorità del Paese è la crescita, il lavoro, la competitività delle imprese. Perché allora, potendo disporre di un tesoretto per tagli fiscali, non destinarlo a ridurre il peso delle tasse lì dove serve davvero al rilancio dell’economia? E quindi a un intervento su quelle tasse che pesano sulle buste paga dei lavoratori e sulla competitività delle imprese, consegnando all’Italia un altro record europeo negativo.

La cancellazione dell’aumento Iva era sulla carta il primo obiettivo del Governo. Sul suo paventato aumento di due punti a partire dal primo luglio del 2013 è stato raggiunto un compromesso: un solo punto di aumento per coprire la parallela riduzione dell’Irpef.

Certo nel giorno in cui l’Istat, ancora una volta, ci dava conto di una crisi profonda e di un crollo dei consumi delle famiglie da tempi di guerra, il piccolo compromesso Iva-Irpef appare davvero come una goccia nell’oceano.

Qualche giorno fa, poi, imprese e sindacati si erano confrontati per trovare un’intesa sulla produttività. Lo hanno fatto anche in seguito alla positiva spinta del governo e dell’Europa su questo tema. Concentrare tutte le risorse disponibili proprio sul costo del lavoro favorirebbe una possibile intesa, con benefici per le imprese, per i lavoratori e per tutto il sistema produttivo. È così che si fa una politica fiscale per la crescita.

A queste notizie si aggiungono poi una serie di impegni-obiettivo. È il caso del recepimento della direttiva europea sui ritardi dei pagamenti alle imprese sia pubblici che privati. Ed è il caso dell’accelerazione della vendita dei beni demaniali attraverso un fondo immobiliare. Ci sono infine risorse per la Tav Lione-Torino, il Mose (le dighe mobili di Venezia) e 300 milioni per pagare le penalità contrattuali previste per la mancata messa in opera (diciamolo a bassa voce!) del Ponte sullo Stretto di Messina. Quanto ai tagli della spesa, la stretta contrattuale sul pubblico impiego, uno stop all’affitto e all’acquisto di nuovi immobili (ed automobili) per la pubblica amministrazione e nuove e più stringenti regole per gli arredi confermano la linea di marcia da “spending review”.

La miglior strada che porta allo sviluppo passa per tagli fiscali mirati coperti da tagli di spesa, la parte migliore dei provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri riguarda sicuramente il Ddl costituzionale sul Titolo V. La razionalizzazione delle competenze cancella gli errori fatti in passato, che hanno portato a una moltiplicazione delle spese e a un aggravio della pressione fiscale complessiva. Ma si tratta di un disegno di legge costituzionale che necessita di un doppio passaggio parlamentare ed il tempo a disposizione è poco, considerato anche che le Regioni cercheranno di arginare la controffensiva dello Stato centrale in tema di legislazione “concorrente”. E considerato che il confronto con gli enti locali, di nuovo chiamati ad usare le forbici, si presenta comunque molto aspro. Nonostante la recente emersione di scandalosi sprechi metta il Governo nelle condizioni migliori per imporre condotte rigorose.

P.s.: Ma poi lo sapete che sono finite sotto la scure sono finite anche le erogazioni liberali alla ricerca? Ma non si era detto che dalla ricerca passava il futuro della nostra economia?

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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