Dopo l’ottimo risultato di venerdì scorso, sarà la gioranta di oggi il vero test dei mercati sull’accordo raggiunto a Bruxelles. Comunque vada, una cosa è certa: l’Italia più che mai deve continuare sulla strada delle riforme. Qualunque segnale di indebolimento dell’azione di governo, infatti, sarebbe colto dai mercati come la prova dell’inefficacia, se non della dannosità potenziale, di quell’accordo.
Se si guarda la scena dal di fuori, si può cogliere la maniera cui il mondo del giornalismo “bacchetta” quotidianamente i ceti politici, la casta, proponendo loro un’agenda di misure urgenti come la legge elettorale, la disciplina della vita interna e dell’azione dei partiti, i tagli drastici ai rimborsi elettorali e al numero dei parlamentari e dei consiglieri regionali e così via.
L’opinione pubblica concretizzata mediante i mass media tenta di indurre i politici a smontare i privilegi con competenza.
Spaventati dalla crisi del mercato del consenso (astensionismo e grillismo), i partiti non solo svicolano su riforma costituzionale e “Porcellum” con una leggerezza ai limiti dell’incuria, ma restano nel vago anche su coalizioni e leader, a meno di dieci mesi dal termine della legislatura.
Resta il fatto che comunque gli occhi dell’Europa ora sono tutti puntati su Roma. A nessuno sono sfuggite le concessioni fatte da Berlino al tavolo europeo. Tocca all’Italia ora dimostrare che quell’intesa è un incoraggiamento per i Paesi con debito eccessivo a proseguire sulla strada del consolidamento dei conti pubblici e della crescita.
È da questa consapevolezza che Mario Monti, il suo governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene devono farsi guidare nei prossimi passi. I successi all’estero sono alle spalle. È importantissimo il modo in cui sarà portata a termine la spending review di cui si parla ormai da troppo tempo. Monti sa bene che solo una manovra coraggiosa e ben fatta sulla spesa potrà permettere di proseguire sulla strada del raggiungimento degli obiettivi di bilancio, liberando allo stesso tempo un po’ di risorse per cominciare ad alleggerire la pressione fiscale.
Anche in un governo tecnico nessun ministro accetta con piacere tagli al proprio dicastero. E le burocrazie interne, anche questa volta, sanno come far sentire la propria pressione. Tocca perciò a Monti superare le resistenze, in nome del più alto dividendo da ridistribuire agli italiani in termini fiscali. Analoga responsabilità devono dimostrare le forze politiche che sostengono il governo. I tagli di spesa devono rappresentare il terreno su cui dimostrare la propria capacità di leadership e legittimare, nel riformismo, la propria aspirazione a tornare presto in prima persona al governo del Paese.