E una battaglia intanto è stata vinta!

La trattativa a Bruxelles ha portato dei risultati inattesi. Molti dovranno essere ancora negoziati, ma nei fatti gli stati membri della zona euro ieri hanno posto sul tavolo delle trattative il primo tassello di una unione bancaria.

L’aspetto più interessante è la decisione di chiedere alla Commissione di fare proposte sul trasferimento della sorveglianza bancaria alla Banca centrale europea. Negli ultimi 10 anni questa possibilità è stata discussa più volte, e sempre ostacolata dal desiderio dei paesi di poter continuare a vigilare sui propri istituti, chiudendo gli occhi su eventuali debolezze. Il passaggio alla Bce equivarrebbe a una importante cessione di sovranità.

L’altro elemento importante è la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del fondo di stabilità ESM. Questa ipotesi era stata presa in considerazione nel 2011, ma bloccata da alcuni paesi perché preoccupati all’idea di firmare un assegno in bianco senza poter controllare gli istituti di credito. Con la sorveglianza unica, il controllo è assicurato. Nei fatti, la ricapitalizzazione diretta sarà un modo per rendere lo strumento più efficace e meno laborioso.

Infine, c’è la decisione di consentire ai paesi rispettosi del Patto di Stabilità di poter usufruire degli acquisti di titoli pubblici da parte dell’EFSF e dell’ESM senza sottoporsi a un nuovo programma di risanamento dell’economia. La scelta è stata fortemente voluta dal premier italiano Mario Monti. Il paese, nel caso dovrà usufruire di questa possibilità, non dovrà sottostare a nuove condizioni macroeconomiche, ma sarà costretto comunque firmare un protocollo d’intesa.

Il problema fondamentale è che queste tre politiche bancarie, essendo finora rimaste saldamente nelle mani dei singoli Paesi, sono state attuate in modo strettamente aderente agli interessi nazionali e, ad esempio, hanno indotto prima l’Irlanda e oggi la Spagna per Bankia a salvare non solo i depositanti, ma tutti i portatori di obbligazioni emessi da quelle banche. Un meccanismo di risoluzione delle crisi a livello europeo deve invece adottare un approccio diverso, perché nelle condizioni attuali è possibile immaginare che banche in difficoltà possano col tempo essere sanate, ma è utopistico credere che tutti i creditori possano essere soddisfatti e incassare felici e contenti gli alti tassi di interesse che hanno (giustamente) richiesto, ma che non possono pretendere a tutti i costi.

Considerazioni non dissimili si possono fare per la vigilanza bancaria. Le crisi scoppiate “improvvisamente” in tante banche europee negli ultimi anni, dimostrano che – ripetendo la sciagurata esperienza giapponese degli anni Novanta – alcune autorità nazionali sono disposte a tollerare la presenza di zombie banks, che alla fine fatalmente crollano, aumentando irrimediabilmente l’incertezza e il nervosismo dei mercati.

Le difficoltà nel gestire la crisi europea, e in particolare l’atteggiamento della Germania, riflettono le profonde differenze nelle norme culturali e nelle convinzioni che regolano i rapporti tra le persone in Germania (e nel Nord Europa) rispetto alla Grecia (e nell’Europa mediterranea). In Germania prevale una cultura della cooperazione e della punizione sociale che richiede ai cittadini non solo di contribuire direttamente al bene pubblico ma impone loro il dovere di punire chi non vi contribuisce.

In Grecia tende a prevalere una cultura che giustifica comportamenti opportunistici, dove sono proprio le persone che hanno a cura il bene comune, non gli opportunisti, ad avere vita dura. Non sorprende che culture così diverse possano scontrarsi quando forzate a interagire. La Germania, sospinta dalla propria cultura, sembra disposta a esercitare la propria strategia punitiva fino al punto da farsi male essa stessa, dovesse per questo fallire il progetto della moneta unica.

Questo accadrebbe anche quando quella politica fosse nell’interesse generale dei suoi cittadini e anche qualora, accettandola, finissero poi per ringraziarlo. Questo è quanto sta accadendo in Germania: la Merkel gode di un consenso strepitoso per la sua politica europea, con la quasi totalità dei tedeschi che vi si riconoscono perché interpreta i loro sentimenti profondi. In Germania una politica alternativa che apparisse differire dall’imperativo dell’etica tedesca che chi imbroglia va punito, non avrebbe sostegno. Che fare per convincere i tedeschi?

Monti intuisce il problema quando afferma: «Può darsi che con il tempo ci riusciremo, ma ci vuole una traduzione concettuale». Ma in cosa consiste? Nel contesto corrente significa una proposta che non contraddica i convincimenti profondi dei tedeschi e che sia funzionale al salvataggio della moneta unica. Messa in modo brutale, l’unica proposta che soddisfa il primo requisito è l’estromissione della Grecia dalla moneta unica, almeno finché Atene non si doti di istituzioni che garantiscano comportamenti fiscali virtuosi. Questa proposta, se avanzata al posto della strategia punitiva, incontrerebbe il favore dei tedeschi. Anche se oggi 3 tedeschi su 4 ritengono che il modo migliore per gestire la crisi sia imporre sanzioni severe ai trasgressori del debito, in mancanza di questa soluzione citano l’estromissione dall’euro come alternativa.

Ma l’estromissione della Grecia se avanzata da sola potrebbe accelerare la crisi dell’euro anziché fermarla, perché renderebbe evidente la possibilità di uscita anche per altri Paesi membri. Questo rischio può essere evitato solo se le rimanenti nazioni sono in grado di far fare un grande salto all’unione monetaria trasformandola in una forte unione politica di Stati federati. Cioè Stati che, in una arco di tempo ben definito, si dotino di una politica fiscale comune accanto a quella monetaria e di tutte le istituzioni di contorno, inclusa una vigilanza bancaria europea.

La Merkel finora timidamente (o prudentemente?) sembra muoversi per suggerire ai Paesi europei di compiere passi decisi verso l’unione fiscale. Mano a mano che si fanno progressi su questo versante, è prevedibile che il secondo tema – l’uscita della Grecia dall’euro, finora sempre categoricamente negata – affiorerà nel pubblico dibattito.

Info su Alessandro Boggian

Presidente del Comitato Provinciale OPES Verona - Ente di Promozione Sportiva e Sociale riconosciuto dal CONI
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